OLTRE IL TUNNEL DI MORTE GIOIA PIENA
A luglio, quando ho compiuto 40 anni, avevo chiesto a Gesù: “Gesù, parliamoci da cuore a cuore, vorrei un regalo da Te: mi piacerebbe tanto poter tornare a Medjugorje, perché da tanti anni ci vorrei tornare, ma il lavoro, la famiglia…oppure… vorrei incontrare il Papa…”. Questa seconda possibilità la sentivo come cosa impossibile. Invece Gesù realizza tutti i sogni: “niente è impossibile a Lui”.
Sono nata e cresciuta in una famiglia che mi ha sempre amato tanto, ero una bambina felice e spensierata circondata da tanto amore e serenità.
A un certo punto, all’età di 13 anni, guardandomi allo specchio ho iniziato a scontrarmi con un’immagine di me che non era più quella di una bambina, un’immagine di me che iniziava ad assomigliare a quella di una ragazza, un’immagine che fin da quell’età non ho accettato fino in fondo e che non mi piaceva; infatti, non mi vedevo per niente bella e adeguata, ma piena di difetti. Subito dentro di me quel “non vai bene così” ha iniziato a farsi spazio e a tormentarmi.
Ho cominciato a cercare conferme. Sentivo il bisogno vitale di essere vista dagli altri, di sentire che andavo bene, di sentirmi amata, accettata, apprezzata. Lo sguardo degli altri era il metro di misura della mia felicità. Per questo bisogno di stima e accettazione, ho iniziato la mia disperata ricerca di amore: ho cercato ogni modo possibile per mettere a tacere “quel grido”, soprattutto nelle forme più sbagliate tentando di apparire sempre come pensavo che gli altri mi volessero.
Ho collezionato così amicizie sbagliate, divertimenti illusori, relazioni affettive che mi hanno svuotato… Avrei fatto di tutto per sentirmi accettata. Elemosinavo affetto e attenzioni per sentirmi viva, amata.
Crescendo ho vissuto tantissime relazioni “usa e getta” con tanti ragazzi. Alcuni mi hanno tradito e abbandonata; altri ancora li ho traditi io per vendicarmi. Dopo ogni tradimento, subito si rafforzava in me l’idea di essere indegna d’amore e così si aggiungeva un nuovo sfregio al mio cuore. Continuavo a cercare la felicità in tutto quello che apparentemente mi faceva sentire viva.
Il punto di non ritorno
In tutto il tempo della mia adolescenza, ho sempre avuto un rapporto difficile col cibo, in quanto non accettavo il mio corpo e non mi vedevo mai abbastanza bella o abbastanza magra. Ogni confronto mi vedeva perdente. La dieta era la mia compagna quotidiana. In tutto questo caos, c’erano stati dei momenti in cui mi era successo di alzare gli occhi al cielo chiedendomi se la vita fosse tutta qua o se ci fosse qualcosa di più per me. Oggi li chiamo “nostalgia di cielo”, desiderio di quel “di più” a cui anelava il mio cuore, ma poi i rumori e il caos spegnevano tutto.
Sono così arrivata ad un punto di non ritorno. Avevo 21 anni. In seguito ad un rapporto sessuale non abitato da nessun tipo di amore, ma solo da quel desiderio di sentirsi vivi e accettati anche solo per pochi istanti, ho scoperto di aspettare un bambino. Ero incinta. Ancora è viva l’immagine di me, seduta per terra nel bagno di casa mia, con le lacrime che mi scendevano sul viso, la disperazione, il vuoto, quella frase nella mia testa “ben ti sta!” e soprattutto la certezza che dovevo al più presto eliminare “quel problema”.
Parole agghiaccianti, oggi. Quello per me era il frutto di tutti i miei errori, di una vita vissuta in modo sbagliato, il frutto del non amore, delle bugie, di una vita passata a elemosinare amore. Dovevo prendere una decisione, ma la decisione l’avevo già presa… non avevo bisogno di pensarci, ma solo di sbrigarmi. In pochi giorni, da sola, senza condividere niente con nessuno mi sono recata in ospedale ed ho praticato l’aborto. Quel giorno fu tutto così veloce, freddo, inodore e incolore… Ricordo la luce che mi ha abbagliato quando mi sono svegliata ed era tutto finito, ricordo il mio sospiro di sollievo… Un sospiro pesante come la morte. Pensavo fosse tutto finito, in realtà era tutto iniziato.
Una voragine dentro di me
Provai a riprendere da subito la mia vita come se non fosse accaduto nulla: l’università, il lavoro, gli amici… Dentro di me però si era creata una voragine senza fine perché si era rotto qualcosa. Non lo sapevo ancora, ma una parte di me era morta, probabilmente per sempre.
Iniziai ad essere sempre più esigente con me stessa, quel grido “non vai bene” era diventato sempre più forte e mi vedevo sempre più sbagliata. Ero anche sempre più arrabbiata. Nessuna amicizia, nessun divertimento e nessun ragazzo riusciva più a svagarmi. In poco tempo smisi di mangiare: a pranzo prendevo solo uno spicchio di mela e mezza caramella, che poi riponevo nella carta e la finivo per cena. Persi tanti chili in poco tempo – non me ne accorsi subito – ma quel pensiero fisso di dimagrire che avevo fin da piccola si stava trasformando in qualcosa di più grande. Meno mangiavo e più mi sentivo forte e intoccabile. Meno mangiavo e più sentivo che avrei vinto. Meno mangiavo e più sentivo che gli altri mi guardavano con sguardo compatito. Il mio primo ed ultimo pensiero ogni giorno era quel numero sulla bilancia: più scendeva e più stavo vincendo, non esisteva altro.
Passavano i mesi e piano piano sentivo che non ce la facevo più. Spesso piangevo sotto le lenzuola quasi in silenzio, ma allo stesso tempo quel pianto lo sentivo dentro così forte che mi faceva male il cuore.
Se ci sei, aiutami
Un giorno alzai gli occhi al cielo e mi rivolsi disperatamente a Dio: “Se ci sei, aiutami”!
I miei genitori, che in tutti quegli anni avevano assistito impotenti al di là del muro insormontabile che io avevo alzato, mi proposero un viaggio a Medjugorje. Presa dalla disperazione accettai, inconsapevole del fatto che quella era la Sua risposta. Arrivai a Medjugorje piena di tutto quel dolore, esausta, sfinita, piena di paure e resistenze. Una delle prime sere, incontrai la comunità Nuovi Orizzonti e ascoltai la storia di un ragazzo che era morto e tornato in vita perché aveva incontrato personalmente l’Amore di Dio. La cosa che più mi affascinò fu la luce nei suoi occhi. Volevo a tutti i costi quella luce, quella luce era quello che avevo sempre cercato, volevo disperatamente incontrare quel Dio di cui tanto parlava.
Il giorno dopo salii sul monte delle apparizioni, spaventata come una bambina: mi sentivo inadeguata, bugiarda, non degna di essere amata, mi sentivo sbagliata. Lassù per la prima volta mi inginocchiai di fronte alla statua di Maria e sentii subito le mie lacrime scendere in un pianto che però non era più disperazione ma liberazione, sentii un amore immenso che mi nutriva, mi avvolgeva, una sensazione indescrivibile, un amore personale per me. Sentii chiara dentro di me questa frase: “Ti amo così come sei”. Io credo di aver sperimentato un pezzo di Paradiso: “Ti amo così come sei, non importa quello che è stato, io ti amo ora e sempre! Anche se hai detto di no a una vita, ti prego, di’ sì alla tua”.
Tornai a casa quell’estate che non ero più la stessa. Non avevo ben chiaro tutto, ma mi sentivo amata, quel grido dopo tanti anni aveva trovato una risposta. E soprattutto era forte il desiderio di dire sì alla mia vita. Iniziai a frequentare Nuovi Orizzonti, iniziai a pregare, a fare il cammino di conoscenza di sé e guarigione del cuore proposto da Chiara.
Ti amo così come sei
Non nascondo che è stato difficilissimo nel tempo guardare e dare un nome a tutte quelle ferite che abitavano il mio cuore: tradimento, abbandono, menzogna, anoressia, aborto. Scendere in questi dolori da sola sarebbe stato impossibile, ma con Gesù e con il cammino in comunità piano piano le ferite hanno trovato medicazione e le lacrime consolazione. Ho dovuto fare i conti con l’immagine di me, con il mio immenso bisogno di essere stimata e in Dio ho iniziato a trovare giorno dopo giorno tutte le risposte: in quel “tu sei preziosa ai miei occhi, sei degna di stima ed io ti amo” ho trovato la risposta.
Il passo più difficile per me è stato quello del perdono: avevo ucciso una vita e perdonarmi mi sembrava impossibile. Il dolore era lancinante, io avevo ucciso, impedito ad una vita di nascere, crescere, giocare, studiare, amare… È una cosa di cui ho preso piena consapevolezza quando sono diventata madre di nuovo e ho stretto tra le braccia i miei bimbi, lì ho potuto realizzare a pieno cosa avevo fatto. So per esperienza che la ferita dell’aborto causa un dolore che dura per sempre ed è così lancinante che senza Dio sarebbe impossibile da superare.
Gesù ha davvero reso gloriosa ogni mia ferita, è sceso con me nel mio inferno, soffrendo con me, ha preso il mio grido e lo ha fatto suo, è sceso nelle profondità più buie del mio cuore e lì mi ha amata e mi ha ridonato una vita piena di quella gioia indicibile che nessuno potrà levarmi.
Oggi sono una piccola della gioia a cui Dio ha fatto il dono immenso di diventare moglie e madre. Ogni giorno mi impegno ad essere testimone della gioia e dell’Amore di Dio che io per prima ho toccato e sperimentato nella mia vita e cerco ogni giorno di testimoniare con i fatti e con le parole la gioia di Cristo Risorto. Ogni giorno incontro tanti giovani in difficoltà, sia per il lavoro che faccio sia per le tante attività di evangelizzazione e prevenzione a cui mi dedico dentro l’Opera e ogni volta che testimonio l’amore di Dio è per me una grande gioia vedere riaccendersi la speranza in tanti giovani con la morte nel cuore.
Tutte le volte che racconterò la mia storia scenderanno le lacrime, sarà sempre così, però oggi sono le lacrime di quel Gesù che mi guarda con i suoi occhi pieni di amore e mi dice: Ti amo lo stesso, ti amo immensamente così come sei!